Intervista ad Andrea Mello, libraio de “L’ora blu” di Firenze

di Franco Cesati Editore

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Sono stata a “L’ora blu”, la nuova libreria aperta da meno di un mese nella zona sud di Firenze. L’ambiente è caldo e accogliente, e nel reparto di saggistica trovo anche volumi della Cesati che fanno capolino. Andrea Mello, il libraio, mi accoglie subito con entusiasmo e curiosità, molto disponibile a farsi una chiacchierata. La conversazione avviene in un contesto di continuo via vai di clienti, piacevolmente intervallata da incontri, acquisti, saluti, gradite coincidenze e consigli letterari. In questo grigio sabato pomeriggio fiorentino il colore dei libri e il calore di questa nuova bella libreria sono quello che ci voleva.

Come è nata l’idea della libreria?

Io lavoravo già in libreria. Ho lavorato per quattro-cinque anni alla Parterre, in viale Don Minzoni, e già c’era l’amore dei libri, perché in realtà ero un grande frequentatore di librerie, bancarelle… In realtà ho iniziato lì perché la frequentavo da cliente. Ho sempre amato il mondo dei libri, e quindi frequentavo librerie e bancarelle, che vanno tenute d’occhio. Nelle librerie invece andavo per vedere tutte le novità e poi per il piacere di frequentarle, che è quello che mi ha portato poi ad aprire questa libreria. Lavoravo lì, ma poi il mio gusto, quasi maniacale, era di andare anche nelle altre librerie perché amavo comprare libri, per cui: quello che non trovavo nella mia libreria anziché ordinarlo andavo a cercarlo nelle altre librerie e questo mi portava a conoscerle. E Firenze è stata una grandissima città di librerie, lo era purtroppo. Dove le librerie diventavano anche centri culturali, nel senso che c’era uno scambio di opinioni anche politiche, volendo. Io mi ricordo che la Seeber [storica libreria fiorentina, attiva dal 1865 al 2002 in via Tornabuoni, a due passi da Piazza del Duomo] era in una certa direzione, la Feltrinelli in un’altra. Però la mia idea di libreria era quella di una libreria piccola, sempre, perché scegli tu. Il libro che entra in libreria lo sceglie il libraio e succede addirittura ancor prima del distributore, che tenderebbe a darti libri su libri, invece il libraio indipendente sceglie lui i suoi titoli, perché conosce i clienti, e bene o male sa quello che può piacere ai clienti. C’è un’idea del libraio che è molto romantica, e deve rimanere tale. Tutto quello che sta dietro il bancone sono tutti affari del libraio, però ci sono. E l’esperienza mi ha portato a conoscere in maniera pratica queste cose e in questo senso anche il confronto con librai di altre città mi ha aiutato. Perché per esempio ho conosciuto librai di Bologna, di Genova, di Napoli, dove hanno un’altra concezione della libreria. Tutto questo mi ha sempre fatto pensare di voler aprire una mia libreria. Quindi è sempre rimasto questo fil rouge.

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E come mai questo nome, “L’ora blu”?

Perché è un momento della giornata. L’ora blu è il passaggio dal giorno alla notte, dalla notte al giorno. Ed è il momento in cui non ci sono rumori. Per esempio, io abito i campagna e lì c’è questo momento, questi quaranta minuti in cui avviene il passaggio dagli uccelli notturni agli uccelli del giorno. In realtà poi l’ora blu è ricorre in moltissimi aspetti: nella pittura, nel cinema… E poi abitando in campagna io l’ho vissuto in maniera molto forte, anche fisicamente: l’ora blu è questo, il silenzio assoluto. Ed è un po’ la mia idea della lettura: quando leggi scompare un po’ tutto, è una parentesi. Ci sei tu e questo silenzio assoluto. Ho pensato che la libreria dovesse essere questo. E questo è l’aspetto romantico che ti dicevo. Poi c’è l’aspetto pratico e quelli sono affari miei, per esempio il confrontarsi con le altre librerie, anche di grossa distribuzione che tengono tutto e a me fa piacere e se devo andare a comprare ci vado, però secondo me il lettore di oggi non è un lettore stupido e tante cose le sa. Non gli posso proporre un libro che fuori potrà trovare al cinquanta per cento. C’è anche il gusto di consigliare i libri che vengono dalla mia esperienza… io imparo dal lettore stesso. Vedo ad esempio che il pubblico femminile è molto più attento ai libri, i bambini sono attentissimi ai libri. Quindi bisogna stare un po’ attenti a tutto, per esempio al prezzo. Prima c’erano più librerie, adesso siamo pochi, però mi piace l’onestà del libraio per cui alcune edizioni da una parte le trovo a prezzo pieno e in un negozio cinquecento metri dopo e le trovo al cinquanta per cento, come mai? E il lettore sa queste cose, o almeno il frequentatore di libri.

Prima c’erano grandissimi librai a Firenze, io parlo di Firenze ma li ho conosciuti anche in altre città e la cosa che ho sempre notato è che il vero libraio è quello che ti vende un libro, ma preferisce forse non venderne uno per poterti dire “guarda, aspetta, prendi quest’altro”. In qualche modo aiutarti nell’acquisto. Non si vende mai un libro: vendi sempre una possibilità di tempo che una persona dedica a se stessa. È sempre un aspetto romantico, ma è importante perché poi il cliente ritorna. E questo l’ho vissuto io in prima persona con i librai, quando andavo da cliente. Mi ricordo che c’era questo signore che lavorava al piano di sopra della Marzocco – quando c’era la Marzocco [storica libreria fiorentina attiva dal 1840 al 2003 in via Martelli, a due passi da piazza del Duomo] –, mi sembra si chiamasse Claudio, io avrò avuto quindici anni e già mi piaceva andare nelle librerie, allora io andavo lì, magari ordinavo dei libri e a un certo punto lui, che mi dava del lei, mi diceva: “guardi le ho messo da parte questi libri”… e a me questa cosa colpiva tantissimo, e poi lo faceva sistematicamente. E quella è l’idea di libreria secondo me. Perché trattieni i clienti, cresci con loro. È sì fare cassa, che è brutto da dire, ma perché ho voglia di rivederlo, il cliente. Ho voglia che ci sia la passeggiata all’interno della libreria. Ad esempio qui, in viale dei Mille o in via Marconi [la libreria si trova all’incrocio di queste due vie], l’ho notato in questi dieci giorni, c’è un passaggio quasi quotidiano. Anche solo entrare per salutare, è meraviglioso questo. [Entrano due ragazze: una ordina una guida e l’altra chiede di un libro di cui non ricorda il titolo esatto ma che ha a che fare con un gabbiano, Andrea le porge subito il Gabbiano Jonathan Livingston di Bach in due edizioni diverse].

Come hai intenzione di impostare il rapporto con il quartiere?

Ho già iniziato da subito. Per esempio faccio sconti subito, senza tessere, a tutti. E sto aperto dalla mattina alla sera, che per loro è utilissimo. Pensa alla Menarini [casa farmaceutica che ha sede proprio dietro la libreria], per esempio. Alla Menarini hanno due turni a pranzo, escono, fanno la passeggiatina e trovarsi un locale aperto, dove fare un giretto per loro è il massimo. Ma anche le signore anziane: fanno la passeggiata, entrano, si siedono… Queste persone hanno proprio voglia di vivere il quartiere, che è un po’ l’idea che sta ritornando a Firenze, ad esclusione del centro, sebbene sia bello. C’è l’idea che un po’ aveva Pratolini del centro storico. Tutti i giorni io vedo sempre le stesse facce ed è bellissimo, è la cosa più bella. E loro hanno subito voluto sapere tutto di me. Così ora sanno chi sono, si fidano.

Hai in programma presentazioni?

Il 9 maggio, c’è stata la prima presentazione, “Libroterapia”, con una psicologa che si occupa di libroterapia [Rachele Bindi]. La conosco perché è un lettrice famelica, ha detto: “perché quando leggo un libro sto bene?”. È quella la base della libroterapia, e un po’ scoprire se stessi. È bravissima e giovanissima. Poi abbiamo avuto con noi Alessandro Ceni il 19 maggio, che ha pubblicato proprio con Cesati, poi Marco Daffra, un registra fiorentino, famoso per aver fatto “Uscio e bottega”, è molto spigliato, grintoso e con lui suonerà un arpista celtico; poi presenterà il suo “Viaggio in Irlanda”. La libreria va coinvolta, si deve far tutto in libreria, da sedersi e fare due chiacchiere tra amici a usarla per qualsiasi cosa e mi piace così: viva.

Come selezioni i libri?

Questa prima selezione l’ho fatta direttamente dal distributore: sono andato lì, sono stato tre giorni, ho selezionato i libri e li ho presi. Poi ho fatto una selezione online che il distributore non aveva. Ho fatto un primo ordine online di mille libri: qui siamo sui seimila/settemila volumi circa, poi c’è la cantina dove ce ne sono altri. Ho scelto i classici, tra cui qualcuno un po’ più sfizioso… la saggistica, e la poesia; poi filosofia, storia delle religioni, psicologia, libri di viaggio, libri di matematica e fisica divulgativi che hanno un loro pubblico. Poi fotografia, cinema, giardinaggio (perché Firenze è piena di giardini e di amanti dei giardini), cucina, e poi una sezione di libri che io chiamo prime edizioni, in realtà sono edizioni forse uniche, che non sono mai state ristampate una seconda volta qui a Firenze; tengo libri sulla massoneria, che ha un suo mercato, per curiosità e per conoscenza; poi Graal, alchimia, cabala… ci sono tantissimi libri di alchimia scritti per esempio nel Cinquecento o nel Seicento che sono bellissimi. Ci sono libri d’arte, libri per bambini. Ho riservato una sezione dedicata a Firenze, e un’altra di critica che però vedo che deve avere un pubblico più raffinato: Petrarca, Dante, Boccaccio…

Cosa pensi della legge Levi e degli sconti sui libri?

Mi è successa una cosa, te la racconto: una cliente è venuta a chiedermi se potevo ordinarle dei libri e mi ha detto: “Senta io sono cliente del giornalaio che mi fa sempre il quindici per cento”. Le ho detto: “Io signora il quindici non glielo posso fare, io ho un margine, se lei mi compra due libri alla settimana io glielo faccio anche, ma lei… Non so, conosciamoci prima”.  Io le ho subito fatto lo sconto, il dieci per cento riesco a farlo. Mi va bene, mi piace vedere il cliente che ritorna. Il gioco è questo. Tutti quelli che c’erano qui, che hai visto passare oggi, tranne due o tre, sono tutti clienti che in questi dieci giorni non è la prima volta che vengono. È questo che mi spinge a dire “ok, forse ho imboccato la strada giusta”. Quindi, ben vengano gli sconti se il cliente mi ritorna anche la settimana dopo. Ho studiato per bene questo quartiere, insieme ad altre zone, e mi sono reso conto che qui mancava una libreria. Quindi non è stata casuale l’apertura della libreria, se no si affonda subito. E questo è bello: viale alberato, primo, che è la cosa più bella che possa esserci in una città, il passaggio a piedi, la pista ciclabile, che secondo me attira tantissimo… E poi via Marconi.

Credi sia importante che i librai fiorentini si riuniscano in un’associazione?

No, non credo. L’ho visto negli anni, lo facevano e non porta a nessun risultato, anche quando ti coinvolgevano con il quartiere. Va bene aiutarsi, ma è giusto che ognuno faccia il suo mestiere nel proprio territorio. [un ragazzo chiede L’ombra della montagna di Gregory David Roberts, lo trova e lo compra]. No, comunque no: credo che ognuno debba fare bene il proprio mestiere nella propria zona, tanto siamo pochi e distanti.

Che libro stai leggendo?

Il secondo seminario di Lacan… e in realtà adesso sto lavorando alla traduzione di un libro. Sto traducendo quello che Rohmer scrisse su Mozart e Beethoven, esce a settembre. È la mia passione Rohmer. “L’ora blu” è una parte di un suo film. Il cerchio si chiude.

E poi, come ultima domanda, chiedo ad Andrea se ha voglia di consigliarmi un libro. E dopo due coordinate sui miei gusti me ne torno a casa con “Tutto il ferro della torre Eiffel” di Michele Mari.

Silvia Rogai

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