Risultati di ricerca per “tradizione in forma”

La tradizione “in forma”

Quando è stata l’ultima volta che abbiamo sfogliato un’antologia? Magari quel libro di poesia ricevuto in regalo a Natale oppure il manuale scolastico per preparare l’esame di maturità? Spesso non ci rendiamo conto che nella vita quotidiana siamo circondati da antologie (dal greco ‘raccolta di fiori’), ovvero collezioni di oggetti testuali di raffinata bellezza o utilità intrinseca, come il cofanetto con l’opera completa di Montale o una recente ristampa della Bibbia.
Un sistema letterario è contraddistinto da dinamiche di selezione e organizzazione, trasformazione e interazione; una comprensione più articolata di tali meccanismi può venirci dalla presa in considerazione dell’ampia e variegata gamma di “forme collettanee” che circolano all’interno di questo sistema. È pressoché impossibile immaginare che una tradizione letteraria non abbia elaborato i propri valori organizzandoli in qualche “fior da fiore”. Anche per questo motivo l’antologia è uno degli oggetti più interessanti attraverso cui studiare questioni come ‘periodizzazione’, ‘selezione e formazione del canone’, ‘rapporti tra ermeneutica e storia’, ecc. Eppure, una pratica testuale così strategica solo raramente è stata oggetto di ricerche autonome.
Questo volume intende proporre una serie di percorsi di ricerca sui rapporti fra forme collettanee e tradizione letteraria, concentrandosi in particolare sul genere dell’antologia, attraverso riflessioni teoriche e studi di caso appartenenti alla storia letteraria italiana.

L’autunno della tradizione

In questo libro si propone di rileggere i poeti maggiori e minori dell’Ottocento per verificare le vicende della forma poetica italiana in una sua fase cruciale: quella della sua crisi e della sua progressiva decadenza, verso il rinnovamento formale della modernità. Viene così preso in esame nel suo insieme per la prima volta l’autunno del classicismo italiano, verificato mediante il contatto ravvicinato con i testi poetici, da Leopardi ai primi anni del nuovo secolo. I segnali di questa crisi sono talora minimi e quasi impercettibili, altre volte evidenti se non proprio esibiti: nel primo caso rappresentano i primi sommovimenti criptici, le scosse preparatorie del sisma che travolgerà la forma e la cultura europea fra Otto e Novecento; nel secondo caso ne sono una sorta di anticipazione programmatica e libresca (i primi esperimenti di verso libero). La metrica e la lingua divengono così il terreno elettivo di una interpretazione complessiva della forma poetica italiana all’alba della modernità.

Tradizione & innovazione – vol. III

L’opera raccoglie la terza e ultima parte in cui sono stati suddivisi i contributi del VI Convegno della Società Internazionale di Linguistica e Filologia Italiana svoltosi a Duisburg dal 28 giugno al 2 luglio del 2000. Al convegno hanno partecipato più di 250 studiosi di linguistica e filologia italiana provenienti da 18 diverse nazioni che si sono confrontati su moltissimi argomenti, dando prova della ricchezza della ricerca condotta in Italia e nel mondo all’inizio del nuovo millennio.
Il convegno di Duisburg è andato però oltre il tradizionale scopo della SILFI di rafforzare i vincoli tra linguistica e filologia; esso ha mirato, infatti, a collegare la molteplicità delle problematiche presenti negli approcci tradizionali di linguistica e filologia italiana, sia con progetti orientati all’utilizzo delle tecnologie dell’informazione per la conservazione, diffusione ed elaborazione della lingua e cultura italiane, sia con iniziative che cercassero nuove vie d’integrazione tra ricerca accademica e società.
Il volume si compone di otto sezioni che, grazie al prezioso contributo dei maggiori studiosi della lingua italiana, offrono molte opportunità di riflessione e studio: Biblioteche digitali e Archivi elettronici, ItalAnt, Lessicografia e Lessicologia, Storia linguistica italiana, La Sicilia e il siciliano, Filologia, Sociolinguistica & Sociostilistica, La lingua e i due sessi.
La ricchezza, la varietà e l’eccellenza dei contributi qui raccolti fanno di quest’opera un testo unico, con tanti spunti per nuove ricerche e risorse preziose per l’insegnamento della linguistica.

Romanzi di (de)formazione (1988-2010)

Sospesa tra intermedialità e tradizione, tra denuncia e disimpegno, tra istrionismo postmoderno e compostezza classica, la narrativa italiana degli ultimi due decenni rivolge al nostro tempo uno sguardo che, pur nella molteplicità delle sue diffrazioni, appare sempre e comunque deformato e deformante.
Ad animare questi nuovi romanzi è, una vis straniante che agisce sui generi letterari come sulla psicologia dei personaggi, sulla percezione sensoriale come sulla rappresentazione dello spazio o dei legami familiari. Altre volte, è un guizzo mercuriale che si diletta a confondere i codici più diversi, dando vita a narrazioni che, dalla pagina scritta, potrebbero transitare con disinvoltura sullo schermo, su una partitura musicale o su una tela espressionista.
Romanzi di (de)formazione vuol essere uno spiraglio aperto su questo confuso ma affascinante scenario.

Tradizione & Innovazione. Dall’italiano, lingua storica e funzionale, alle altre lingue – vol. II

L’opera raccoglie la seconda delle tre parti in cui sono stati suddivisi i contributi del VI Convegno della Società Internazionale di Linguistica e Filologia Italiana svoltosi a Duisburg dal 28 giugno al 02 luglio 2000. Al convegno hanno partecipato più di 250 studiosi di linguistica e filologia italiana provenienti da 18 diverse nazioni che si sono confrontati su moltissimi argomenti, dando prova della ricchezza della ricerca condotta in Italia e nel mondo all’inizio del nuovo millennio. Il convegno di Duisburg è andato però oltre il tradizionale scopo della SILFI di rafforzare i vincoli tra linguistica e filologia; esso ha mirato, infatti, a collegare la molteplicità delle problematiche presenti negli approcci tradizionali di linguistica e filologia italiana, sia con progetti orientati all’utilizzo delle tecnologie dell’informazione per la conservazione, diffusione ed elaborazione della lingua e cultura italiane, sia con iniziative che cercassero nuove vie d’integrazione tra ricerca accademica e società.
Il volume è stato strutturato in modo che si passi dall’italiano comune scritto (diatopia, diafasia, pragmatica, tipi di testo) e dall’analisi della grammatica (semantica e sintassi), al rapporto fra l’italiano e altre lingue e all’insegnamento dell’italiano a parlanti non di madre lingua italiana.
La ricchezza, la varietà e l’eccellenza dei contributi qui raccolti fanno di quest’opera un testo unico, con tanti spunti per nuove ricerche e risorse preziose per l’insegnamento della linguistica dell’italiano.

Il mito nella letteratura italiana del Novecento: trasformazioni e elaborazioni

Il filo rosso che collega le varie analisi ed i vari autori di questo volume è l’idea che il mito costituisce spesso un dispositivo privilegiato per la circoscrizioni e l’organizzazione dei rapporti tra la sfera letteraria ed altre sfere dello scibile – dall’antropologia e l’etnologia alla psicologia e la sociologia – favorendo in particolare l’elaborazione di una serie di problematiche culturali centrali nella storia del Novecento: dalla rivendicazione di un’identità secolare al rapporto con forme di alterità intese in vari modi, dai canoni della tradizione culturale occidentale ad espressioni culturali subalterne, dal discorso ideologico alla pratica politica.
Il percorso che Bart Van den Bossche propone prende le mosse dal mito nei manifesti futuristi e “incontra” autori come Bontempelli, Savinio, Svevo, Pirandello, Buzzati, Quasimodo e Calvino.
Il capitolo finale indaga la presenza del mito nella narrativa italiana degli ultimi decenni.

Parodia e sperimentalismo nel Protagonista di Luigi Malerba

La voce narrante del terzo romanzo di Luigi Malerba, Il protagonista (Bompiani, 1973), è un carnevalesco membro parlante. La sua prospettiva erotica e dissacrante si scatena in spietate invettive che irridono una Roma caotica e asfissiante, il canone letterario nazionale e i simboli di un potere opprimente. Attraverso la vena parodistica dell’opera è possibile risalire…

Petrarchism, paratexts, pictures: Petrarca e la costruzione di comunità culturali nel Rinascimento

Attraverso il contributo di sedici esperti di Petrarca e della sua fortuna tra Quattro e Cinquecento, il volume si interroga sui modi in cui la ricezione delle sue opere nel contesto italiano ed europeo ha mediato, in forme varie e molteplici, la costruzione di comunità culturali nel Rinascimento. I capitoli si soffermano sui vari contesti in cui Petrarca veniva letto, interpretato e riscritto e si confrontano con diverse pratiche in cui il modello petrarchesco si riattiva e insieme si trasforma, dal gioco all’emblema. L’evoluzione dei paratesti, tanto verbali quanto visivi, riflette le attese di determinate comunità, dalle corti alle accademie, e al tempo stesso influenza le dinamiche di lettura e circolazione dei testi. Come la storia della lirica quattro-cinquecentesca è inseparabile dalla storia della ricezione di Petrarca, così, nel Rinascimento, la nascita e lo sviluppo del commento alla poesia dei contemporanei si intrecciano con le vicende della tradizione esegetica dedicata a Canzoniere e Trionfi.

Volgarizzare e tradurre

Nato come intervento ad un Convegno triestino sulla traduzione e come tale stampato nel 1973 negli Atti relativi, pubblicato poi nella forma di un prezioso volumetto rosso Einaudi nel 1991 (e successivamente stampato in altra collana e tradotto in francese), Volgarizzare e tradurre si imponeva allora e si impone ancora oggi per l’originale triplice prospettiva in cui l’argomento era affrontato: quella terminologica (con volgarizzare che tradisce una considerazione per così dire verticale del tradurre, dalla lingua sentita come più prestigiosa a quella popolare, il verdeutschen di Lutero), quella linguistica (col secolare dibattito su “tradurre-tradire” o sulla traduzione ad sensum ad verbum) e quella filosofica che vede sullo sfondo dell’atto del tradurre la difficile soluzione del confronto tra culture e civiltà diverse, adombrato anche nel «bisticcio traduzione=tradizione», «motto dialettico» caro a Folena. Già nella sua Premessa al volumetto, Folena riconosceva che negli anni intercorsi dal primo articolo «un’alluvione teorica» aveva investito la bibliografia prettamente linguistica sulla traduzione, e molto più di allora si è ormai arricchita anche quella sulla storia della traduzione. Ma il percorso foleniano attraverso i tre rami sopra indicati dell’indagine, capace di trasferire la problematicità del soggetto nell’evoluzione della storia, con i suoi rappresentanti eccellenti come san Girolamo, Leonardo Bruni, fino al folto dibattito sette-ottocentesco, mantiene tutti i suoi caratteri di originale, complessa e comprensiva messa a fuoco della traduzione.

Il «mancamento delle parole»

Il volume raccoglie alcuni saggi dedicati alla lingua di Leonardo da Vinci, in particolar modo a quella della meccanica, della pittura e dell’architettura, specificatamente in relazione a lessico e testualità. Il problema della scelta delle parole è centrale in Leonardo e oscilla tra la consapevolezza di poter attingere a una lingua materna, il fiorentino quattrocentesco, ricca di vocaboli e la necessità di dare il nome a oggetti e concetti nuovi, emersi da una diversa modalità di guardare e studiare la natura e di progettare le cose. In certi ambiti (come l’architettura) Leonardo trova il solido conforto della tradizione delle botteghe artistiche e artigiane e dei cantieri fiorentini, ma in altri, dove lo scarto innovativo è decisivo (come la meccanica e in parte la pittura), deve trasformarsi in onomaturgo e sconfinare in quella che possiamo definire “ingegneria linguistica”. Anche la particolare modalità di trattazione e presentazione che Leonardo impiega nei suoi manoscritti evidenzia la necessità di forme espositive nuove, in cui alla centralità dell’immagine si affianca una costante ipertestualità e persino forme di ipotestualità tipiche delle più recenti forme di comunicazione.

Integrazioni all’esegesi dantesca

Questo volume raccoglie i contributi dei più noti dantisti, che da una decina d’anni frequentano i Convegni Adriatici, promossi dal Premio letterario “Città di Penne-Mosca” e dalla Casa di Dante in Abruzzo, oltre che dall’Università “G. D’Annunzio”. L’avvicinamento e l’approfondimento del capolavoro dantesco e delle altre sue opere, che ormai quasi nessuno osa chiamare “minori”, sono stati nei secoli dettati sia da una suggestione interna di chiarificazione dei principi teologici, filosofici e di conoscenza articolata delle loro fonti e modelli letterari, sia da una tensione ideologica volta a definire il loro ruolo importante per le generazioni coeve e future. Tale duplice livello di indagine, relativo alla configurazione e alla trasmissione specifica dei testi e a un’espansione semantica di allusività simbolica dei contenuti e dei messaggi che Dante, cittadino attivo del Medioevo, ma anche poeta di tutti i tempi, intese affidare all’intera umanità, non può certo prescindere dall’evoluzione storica degli interventi della dantistica, ormai sempre più specializzata nell’ambito di studi su riviste, di letture critiche, di convegni, che si addensano e si intensificano nelle sedi accademiche di maggiore prestigio, quanto a qualità degli studi e a secolare tradizione storica. La Commedia esige di essere ancora letta, riletta e commentata all’interno di istituzioni, che non ambiscono a ribadirne o smentirne il profilo letterario e culturale, ma piuttosto a riprendere un filo mai interrotto di quella tensione e vivacità immaginarie tutte dantesche, grazie alle quali i suoi versi continuano a sorprendere, a emozionare, a suggestionare, ad affascinare le più disparate menti e sensibilità, enunciando al massimo grado il potere didascalico, formativo, ma anche poetico di un’opera che ha parlato e parla alle coscienze di tutti i tempi.

RISL – Rivista Internazionale Di Studi Leopardiani

Il numero 11 della Rivista Internazionale di Studi Leopardiani segna un passaggio e, come tale, si pone contemporaneamente sotto il segno dell’innovazione, da un lato, e della continuità, dall’altro. Il fascicolo precedente si chiudeva infatti con le parole di commiato del suo fondatore e editore, Emilio Speciale: «Per motivi contingenti non potrò più portare avanti questo progetto, al quale continuo tuttavia a tenere molto e che spero possa trovare una sua prosecuzione».
Siamo ora in grado di tenere fede al desiderio di Emilio e di proseguire la pubblicazione della rivista che, sotto la nostra direzione congiunta, intende rispettare la linea editoriale inaugurata nel 1999 e, nel contempo, rafforzare la vitalità del progetto attraverso alcune novità. La RISL seguiterà dunque ad accogliere e proporre «con la massima apertura ideologica, interventi critici scelti esclusivamente in base alla loro scientificità, cercando di porsi come sede di discussione problematica, informativa e vivace» su uno dei maggiori poeti e pensatori italiani, non solo dell’Ottocento. Tuttavia, per realizzare questi propositi e, allo stesso tempo, per rendere conto in modo adeguato della dimensione sempre più internazionale assunta negli ultimi anni dall’opera e dalla critica leopardiane, abbiamo ritenuto necessario istituire un nuovo Comitato scientifico operativo, composto da studiosi e studiose tanto italiani quanto stranieri esperti/e in ambito umanistico, e non soltanto di letteratura italiana, specialisti/e di discipline “care” a Leopardi: dalla teoria della traduzione all’estetica, dalla critica d’arte alla linguistica, sino alla storia della scienza. A garantire la tradizione avviata da Emilio, questo nuovo Comitato scientifico è affiancato da un Comitato onorario, formato dagli studiosi e dalle studiose che hanno nel tempo collaborato alla realizzazione della RISL medesima.
Sempre nel solco del piano originario, che includeva la volontà di aprire costantemente la rivista a nuove modalità di ricerca e di analisi, abbiamo deciso di introdurre anche numeri tematici, a cominciare proprio da questo primo della nostra nuova direzione, dedicato a Giacomo Leopardi e l’esperienza del sensibile. Le pagine vogliono quindi far convergere differenti approcci disciplinari per studiare, nelle sue varie declinazioni, l’influenza che la percezione sensoriale ha avuto nell’ambito della riflessione poetica, filosofica, artistica, linguistica e scientifica di Leopardi.
Nell’opera di Leopardi, infatti, la cosiddetta “esperienza del sensibile” non solo orienta in modo decisivo la riflessione epistemologica e l’elaborazione filosofica della teoria del piacere, ma è anche sottesa a molte immagini della scrittura creativa in prosa e in versi. La percezione sensoriale delle cose del mondo e dell’essere umano rappresenta, in realtà, uno dei principali strumenti di apprendimento e di conoscenza, e costituisce uno degli aspetti nodali – particolarmente originale rispetto alla tradizione letteraria e filosofica dell’Italia ottocentesca – della poetica leopardiana, capace di dare “corpo” e “sostanza” persino a quanto è connesso alla pura immaginazione e, così, di descrivere l’invisibile tramite il visibile, l’intangibile tramite il tangibile. In Leopardi, invero – come ben sottolineava Italo Calvino nelle sue Proposte per il nuovo millennio citando le pagine 1744-1746 dello Zibaldone –, anche la teoria del vago e dell’indefinito si esprime attraverso il sapiente utilizzo di elementi sensibili. Né si può dimenticare che pure la Natura, parte di quella materia da cui secondo Leopardi tutto ha origine, può essere conosciuta dal genere umano solo per mezzo dei sensi, come bene insegna la vana fuga dell’Islandese tanto dall’«intensità del freddo» quanto dall’«ardore estremo della state».
Ci auguriamo che questo primo numero tematico venga letto con la stessa cura che gli abbiamo dedicato nel comporlo, mettendo in atto, con particolare dedizione, «un lavoro artigianale e accurato» sulle orme di quello svolto da Emilio per ben più di un decennio.
(Tatiana Crivelli, Patrizia Landi)

Italexit. Saggi su Risorgimento e disunione nazionale

La cultura e la società italiane dell’Ottocento furono contraddistinte da forti tensioni rinnovatrici che sarebbe semplicistico comprimere nel solo moto nazionale. Se da un lato, infatti, l’Unità diede il via a più di un secolo di emigrazioni al di fuori dei confini, dall’altro la progressiva trasformazione degli italiani all’estero in italiani “etnici” è avvenuta anche sotto il segno di un’affascinante e feconda ricomposizione dei tratti identitari, non ultimo quello “umanistico” della tradizione letteraria.
Ottocento risorgimentale e post-risorgimentale e cultura dell’emigrazione vengono qui riletti attraverso una serie di approfonditi studi per sottolineare la necessità di un allargamento delle prospettive critiche “italianistiche” che riconosca le complesse dinamiche attive da più di un secolo e mezzo dentro e fuori la penisola: da Cavour alla poesia e al romanzo del e sul ’48; da Pinocchio alla fine del verismo; dal bilinguismo degli scrittori emigrati all’incontro con le divisioni razziste statunitensi; dall’interculturalità poetica alle voci più innovative dell’attuale panorama italoamericano, in cui i “segni” italiani entrano in dialogo con quelli delle altre emigrazioni europee.

Novelle, paratesti e cornici

Tra il Medioevo e il Rinascimento, la tradizione letteraria italiana offre svariati esempi di raccolte di novelle, divenute spesso nel corso del tempo un punto di riferimento per gli scrittori che nel resto d’Europa si sono dedicati a questo genere. A fornire, direttamente o indirettamente, significative informazioni sui progetti letterari e sulla poetica dei diversi autori sono sia i paratesti (dediche, lettere al lettore, introduzioni, conclusioni) sia la cornice, ossia la “zona” dell’opera dedicata alle vicende dei novellatori. Proprio sui paratesti e sulle cornici si concentra questo libro. La prima parte analizza come, da Boccaccio ai novellieri medievali e rinascimentali italiani, essi siano stati sfruttati per raggiungere molteplici scopi, dalla definizione del pubblico ideale all’illustrazione del rapporto con le fonti, fino alla spiegazione delle finalità della scrittura novellistica. La seconda parte indaga, invece, il fenomeno della ricezione dei novellieri italiani nell’Inghilterra elisabettiana e giacomiana, profondamente influenzata dalla letteratura e dalla cultura della nostra penisola: ricorrendo agli indizi rinvenibili nei paratesti e nelle cornici delle raccolte di novelle inglesi, si esaminano i debiti e le forme di rielaborazione dei modelli italiani, facendo così luce su un rapporto, quello tra novellistica italiana e anglosassone, ancora poco indagato.

Racconto & storytelling

La magia della narrazione ha da sempre rapito la mente dell’uomo con il suo potere immaginifico e la capacità di creare ponti tra generazioni diverse, di trasmettere valori e di costituire un’identità comunitaria, nelle sue forme più svariate: il mito, la fiaba, la favola, il racconto, il romanzo. E oggi, che il tempo per leggere ed ascoltare scarseggia e la soglia di attenzione si è ridotta in modo drastico? Incredibilmente, l’arte del narrare è diventata ancora più centrale: ci si racconta sui social network e sui blog, si leggono reportage narrativi, si scrivono fanfiction sulle community di appassionati e sui siti di self-publishing; persino i selfie e i video su Snapchat non sono altro che un modo di raccontare la propria storia, nel momento stesso in cui la si sta vivendo. Per non parlare dell’ambito della comunicazione (d’azienda, politica, turistica ma non solo), in cui l’evoluzione delle tecniche di storytelling, che si ibridano con le molte possibilità offerte dalle nuove tecnologie, dà vita a coinvolgenti universi narrativi per promuovere un prodotto, una persona, un servizio o un marchio, creando rappresentazioni testuali, visive, sonore, percettive. Il volume di Serena Bedini passa in rassegna tutte queste modalità di racconto del sé e del mondo, partendo dalle forme della tradizione orale e indagandone le strutture, per poi concentrarsi su elementi di narratologia (trama, personaggi, focalizzazioni), sui tipi di storytelling (digital, visual, crossmediale e transmediale) e sui suoi settori di applicazione, affrontando inoltre il tema del reportage narrativo in ambito giornalistico e quello dell’autobiografia (e della sua graduale trasformazione in personal storytelling) nell’era dei social network e della multimedialità. Perché, se un tempo raccontare storie era appannaggio unicamente di un’élite colta, oggi è un’attività non soltanto comune, popolare e alla portata di tutti, ma anche necessaria, insita nello spirito della nostra società ed epoca.

Staged Narratives / Narrative Stages

Partendo da esempi tratti dalla grande tradizione letteraria mondiale, il volume esamina rapporti, differenze e punti di contatto tra due generi di scrittura: le opere teatrali e le opere di narrativa. Quale il legame tra pagina scritta e il parlato, recitato sul palcoscenico? Nucleo centrale del testo sono le teorie e le discussioni nate nel corso del convegno dell’American Association of Italian Studies che si è tenuto a Zurigo nel maggio del 2014. Il volume è diviso in quattro sezioni: la prima, più generale, presenta il tema trattato da quattro differenti angolazioni – archetipo, teorico, storico e di genere; la seconda si focalizza sul ruolo del teatro in letteratura; la terza indaga gli “incroci”, le mescolanze stilistiche e tematiche tra parola scritta e parola recitata; infine la quarta che, a specchio rispetto alla seconda sezione, propone una riflessione sul teatro di narrazione, una nuova forma di espressione che ha trovato linfa anche in Italia con Dario Fo, Ascanio Celestini, Marco Paolini e Marco Baliani.