Il diario del redattore: “Con me in persi moti” di Simone Marsi

di Franco Cesati Editore

Che cosa fa un redattore quando riceve un manoscritto? A quali problematiche va incontro? Le redattrici della casa editrice Cesati raccontano come lavorano sui libri di saggistica nella rubrica “Il diario del redattore”.

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La prova di stampa del libro di Simone Marsi e i Frammenti lirici di Rebora, ed. Interinea.

Ogni libro pone al redattore delle questioni da risolvere, che spesso costituiscono la differenza tra un’edizione curata e una sciatta. Con me in persi moti è il primo libro di Simone Marsi, uno studio che mette in luce le influenze di Dante nei Frammenti lirici di Clemente Rebora, poeta del Novecento italiano. L’autore, (classe 1992) studia lingua e letteratura italiana a Pisa. In questo volume analizza i frammenti uno per uno e rende evidente il modo in cui Dante abbia inciso profondamente sulla lingua di Rebora, non solo per la scelta delle parole e delle immagini evocate dal testo, ma addirittura sui suoni.

Il punto di partenza di Marsi è l’edizione critica commentata dei Frammenti lirici pubblicata da Interlinea ed è da quella che sono partita anch’io. Ho lavorato al testo consultando quest’edizione frammento dopo frammento, per controllare se i versi fossero citati nel modo giusto (sia nelle parole che negli accapo, che abbiamo segnalato con lo slash) e per risolvere anche quelle famose questioni che il testo poneva: nel titolo la parola “lirici” è minuscola o maiuscola? Minuscola, ma molti addetti ai lavori sbagliano. Come indicare ogni frammento, in corsivo o in tondo? Quindi Frammento I o Frammento I? Con me in persi moti verrà pubblicato nella collana Opera prima diretta da Marco Marchi, in cui trovano spazio gli autori che pubblicano uno studio per la prima volta; dunque, per decidere come proseguire e far sì che il testo fosse omogeneo e che rispettasse anche le norme editoriali della collana cui appartiene, ho mediato tra le soluzioni che mi proponeva l’edizione commentata di Interlinea e le norme redazionali della casa editrice, optando per il corsivo.

ReboraClemente-02Ho proseguito uniformando il modo in cui l’autore tratta le parole che vuole evidenziare, a volte tra virgolette alte, a volte in corsivo: il libro consiste in un’analisi minuziosa delle parole e dei grafemi del poeta: era essenziale l’omogeneità del testo; quindi sono andata avanti lavorando in questo senso, con la correzione di bozze classica e l’impaginazione.

Il lavoro si è rivelato minuzioso e impegnativo, ma anche gratificante. L’attenzione del redattore fa sì che il testo sia corretto e fruibile da parte del lettore. Lavorare a questo libro mi ha fatto conoscere più a fondo un autore che avevo studiato a scuola, ma che non avevo mai letto per conto mio. Uno dei passi più belli, a mio parere, riguarda il Frammento XXI, «un componimento alla primavera», come lo definisce Marsi. Uno dei versi recita:

Forse altrove sei bella, o primavera, non qui.

Si tratta di una vera invettiva nei confronti della primavera, non in sé e per sé, ma alla primavera dell’ambiente cittadino: la primavera della città, infatti, viene privata della propria vitalità. In quest’invettiva si nasconde quella più profonda, un motivo che ricorre spesso nell’opera di Rebora: la critica al «gretto materialismo» della città, da cui il poeta vuole distaccarsi. Nell’analisi di questo frammento Marsi segnala la presenza di alcune parole come chiaro eco dantesco, ad esempio vetraia e pietra. E inoltre, annota come

il momento lirico più sentito, in cui l’individualità non è disprezzata, ma fieramente rivendicata, «E suggo io, intrepido, […]», sia sostenuto da un’eco dantesca, perché dietro al «suggello / Sulla mia impronta severa», come rende noto il commento 51, [dell’edizione commentata Interlinea n.d.r.] si trova il verso 95 del XXV canto del Purgatorio: «In quella forma che in lui sugella».

Nell’incipit del Frammento XLV ritroviamo i «persi indicibili moti», da cui deriva il titolo del libro. «“Perso”, […] oltre a essere portatore di un significato letterale, il disorientamento nell’oscurità della scena, ha un’accezione morale, il monito incompreso che la pioggia rivolge alla città; contribuisce inoltre ad arricchire la polisemia dell’aggettivo e la cupezza dello scenario» precisa Marsi, che prosegue analizzandone la derivazione dantesca.

Lo studio approfondisce inoltre il modo in cui Rebora, a poco a poco, abbia fatto propria l’opera dantesca, i versi della Commedia, le rime petrose, e il Convivio; Simone Marsi conduce il lettore a soffermarsi sulle lettere del poeta prima ancora che sui suoi versi: il luogo privilegiato dove si può osservare il fascino che le opere di Dante esercitarono su di lui come scrittore e come uomo.

Lorena Bruno

@Lorraine_books

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