di Franco Cesati Editore
Sfogliando il nostro catalogo ritroviamo spesso dei temi ricorrenti: lingua e letteratura vengono costantemente indagate ed è sempre interessante osservare il mosaico di riflessioni, studi e ricerche che ne risulta. Oggi vi portiamo a curiosare in uno scaffale speciale, dove i libri parlano… napoletano!

Napoli è da sempre oggetto di studio, di dibattito, di ammirazione e di divisione: in tanti la amano e in tanti la odiano, e il fascino che esercita da secoli – come quello della sirena a cui deve il suo secondo nome – è innegabile e noto a chiunque, soprattutto a chiunque si sia mai ritrovato nel tramestio dei suoi vicoli, sul suo lungomare al cospetto del Vesuvio, o tra le sue innumerevoli chiese, a caccia di tesori. Eppure i tesori di Napoli non sono tutti chiusi in teche o sotto cupole barocche. Il napoletano, più vivo che mai, è un tesoro che racchiude in sé secoli di storia e lingue stratificate che, insieme alle rispettive culture, l’hanno arricchito significativamente fino a renderlo la lingua vivace e poliedrica che conosciamo oggi: letteraria, declinata in musica e teatro, dalle sfumature irriverenti e talvolta poetiche.
In quanto lingua d’arte, letterati illustri l’hanno adoperato per comporre opere diventate immortali e che sono oggi, a tutti gli effetti, veri e propri tesori che si sfogliano o si declamano.
Ma potremmo citare anche tesori che si recitano dai palchi dei teatri, davanti a platee divertite o commosse, messi in scena in luoghi che sono a loro volta tesori. Tra tutti, non possiamo non citare Eduardo de Filippo (o anche solo Eduardo, come è chiamato a Napoli), il cui teatro ha fatto ridere, emozionare e riflettere intere generazioni, coniugando l’ironia napoletana al dramma umano.
«Lo sai che cos’è la telepatia?» (link)

In tempi più recenti, poi, il napoletano ha varcato anche le soglie del cinema, con risultati sorprendentemente positivi. L’ostacolo della (presunta) incomprensibilità della lingua napoletana recitata è stato brillantemente superato da un napoletano in particolare: scommettiamo che, oltre a comprenderlo perfettamente, non potrete che essere d’accordo con lui (link)?

Infine, come non considerare le prelibatezze culinarie partenopee? Tra le strade di Napoli potreste imbattervi in tesori che si annusano, come l’odore delle pizze a portafoglio che invade Montesanto, oppure come il profumo delle sfogliatelle ancora calde sprigionato da Scaturchio in piazza San Domenico. Dal dolce al salato e dal primo al dessert, la cucina napoletana ha una lunga tradizione, fatta di riti, curiosità e ricette antichissime che danno vita a pietanze tipiche che non smettono di incantare chi le prova per la prima volta, o chi torna ad assaggiarle dopo lunghe assenze.
Se dunque siete affamati di cultura napoletana o semplicemente curiosi di saperne di più, vi lasciamo con qualche pillola di napoletano, per avere solo un assaggio della sua tipica commistione tra ilarità e poesia.
∼ Cazzimma
La più intraducibile e celebre, forse più di una semplice parola: è un concentrato di napoletanità. Se pensate alla “cattiveria” siete fuori strada: la cazzimma, infatti, non indica solo un’indole “cattiva”, ma è un misto di coraggio, furbizia e determinazione nel raggiungere i propri scopi. Una differenza molto sottile ma fondamentale che la distingue dalla pura malvagità!
∼ Nzallanuto
Un epiteto divertente per designare la distrazione, lo stordimento di chi vive in un mondo tutto suo. Può riferirsi tanto al vecchietto che soffre di vuoti di memoria, tanto al ragazzo che ha semplicemente la testa tra le nuvole, oppure a chi è un po’ stordito dopo una bevuta o un lungo pisolino… Qui bisogna allenarsi con la pronuncia nasale!
∼ Ammuina
Altro vocabolo dall’apparente significato immediato, ma che nasconde un’ulteriore sfumatura di senso. L’ammuina è la confusione, il caos: può esserci ammuina per strada, alla posta, persino sulla scrivania. Ma “fare ammuina” può anche fare riferimento a quella situazione di trambusto causata senza alcun motivo particolare. Avete presente quel collega che fa confusione senza combinare mai nulla, lasciando il caos dietro di sé? Ecco, quello “fa solo ammuina”!
∼ “Nun me fa fa ‘e tarantelle”
Sì, il riferimento al ballo della tarantella potrebbe sembrare immediato, ma è meno letterale di quanto sembra. La tarantella è una metafora per indicare drammi inutili, giri di parole o azioni che finiscono per complicare la questione. In sostanza, vuol dire “Non farmi perdere tempo con tutte queste complicazioni, scuse, giri assurdi”.
∼ “Scétate!”
Un vero e proprio monito di vita: letteralmente “svegliati”, l’espressione apparentemente banale racchiude in realtà un invito ad aprire gli occhi sulla vita, a rendersi conto di ciò che agli altri appare ovvio.
Se vi abbiamo davvero incuriosito e volete continuare la vostra passeggiata immaginaria per i vicoli della “città dai mille colori”, vi segnaliamo la nostra collana interamente dedicata alla lingua e alla cultura partenopea: «Lo Stile della Sirena», diretta da docenti dell’Università Federico II (altra eccellenza millenaria napoletana). E vi consigliamo di approfittare della promozione, valida fino al 10 ottobre 2025: la trovate nel nostro shop, in duplice versione: i sei volumi della collana da soli oppure insieme al Vocabolario del dialetto napoletano, per un’esperienza ancora più immersiva.
Vedi Napoli e poi… ci torni! (link)
