di Franco Cesati Editore

Vi sarà certamente capitato di leggere, da piccoli, una favola al telefono, o di imbattervi nelle avventure di Giovannino Perdigiorno. Oggi ricordiamo il loro “papà”, Gianni Rodari, a 105 anni dalla sua nascita (23 ottobre 1920).

Maestro di scuola prima, pedagogista e scrittore poi, Rodari è stato forse il più originale autore di letteratura per bambini, che ha contribuito a rinnovare profondamente. Le sue opere hanno avuto numerose traduzioni e hanno meritato diversi riconoscimenti, fra cui, nel 1970, il prestigioso premio Hans Christian Andersen, considerato il Nobel della letteratura per l’infanzia (ad oggi, è ancora l’unico italiano ad averlo vinto).
La narrativa di Rodari è caratterizzata dall’orientamento pedagogico, basato sull’analisi delle dinamiche tra il mondo degli adulti e il mondo dei bambini e, in particolar modo, sui punti di contatto tra questi due mondi. Questa ricerca e l’approccio didattico che ne consegue si traducono in favole lievi e scorrevoli, in poesie e filastrocche veloci e divertenti ma pregne di contenuto educativo ed etico. Il tutto in uno stile semplice, eppure ormai iconico, leggero abbastanza da restare impresso nella mente del lettore bambino, ma portatore di una metafora più complessa, fortemente politica, per il lettore adulto.
Tra gli anni Sessanta e Settanta Rodari ha partecipato a conferenze nelle scuole, incontrando insegnanti, bibliotecari, genitori, alunni. Dagli appunti raccolti in questa serie di incontri ha preso vita, nel 1973, Grammatica della fantasia, l’unico testo di impianto saggistico che Rodari ci ha lasciato, e che è diventato fin da subito un punto di riferimento per quanti si occupano di educazione alla lingua e alla letteratura per l’infanzia.

Nell’Antefatto Rodari stesso ammette di non saper definire bene l’argomento della sua trattazione: «vi si tratta solo dell’invenzione per mezzo delle parole». Attraverso l’analisi dei meccanismi che regolano i processi creativi e la facoltà umana della fantasia, viene a configurarsi una vera e propria “grammatica”, corredata da una serie di tecniche e strategie per la narrazione. Rodari invita a servirsene in varie occasioni, persino a trasferirle in linguaggi diversi, perché credeva fortemente nel potere della creatività infantile e nel valore di liberazione insito nella parola. «“Tutti gli usi della parola a tutti” mi sembra un buon motto, dal bel suono democratico. Non perché tutti siano artisti, ma perché nessuno sia schiavo».
Nel saggio trova poi ampio spazio l’errore, non come qualcosa che debba essere assolutamente evitato, come la scuola insegnerebbe, ma come punto di partenza per la creazione e l’apprendimento. «Sbagliando s’impara, è un vecchio proverbio. Il nuovo potrebbe dire che sbagliando s’inventa»: Rodari invita dunque a non fermarsi davanti ai lapsus, agli errori ortografici, ma a prenderli come spunti, mostrando come manipolare e giocare con le parole dia luogo a storie comiche e istruttive. In una società dove l’errore è simbolo di negligenza e disattenzione, Rodari ci ricorda come invece l’errore sia opportunità di creazione e quindi di crescita per i bambini. «Ridere degli errori è già un modo di distaccarsene», invece, è un insegnamento che tanti adulti ancora stentano a far proprio.
Consigli di lettura:
Franca Bosc (a cura di), Poesia, lingua e ascolto. Una nuova didattica per la scuola dell’infanzia (link)
Anna Finozzi, La letteratura postcoloniale italiana per l’infanzia (2010-2022). Lingua, spazio, colore (link)
Simone Fornara, Silvana Loiero (a cura di), Educazione linguistica e fantasia. Gianni Rodari e la lingua italiana (link)
Tutte le citazioni sono tratte da Gianni Rodari, Grammatica della fantasia. Introduzione all’arte di inventare storie, Torino, Einaudi, 2013