Scrivere è dire “ci sono, ci sono stato”

di Franco Cesati Editore

Le pareti delle caverna, i muri degli edifici sono stati per molto tempo la prima carta su cui tracciare segni, immagini, su cui scrivere per lasciare una testimonianza del proprio passaggio.
Scrivere è un’esigenza, è dire “ci sono, ci sono stato”. Scrivere è essere ricordati, anche a distanza di secoli. Scrivere è distrarsi, passare il tempo quando il tempo sembra non voler passare.

Forse è questo pensiero, o tutti questi insieme, ad aver spinto gli uomini degli equipaggi mercantili di passaggio a Venezia dalla metà del Quattrocento a impugnare un pezzo di coccio rosso e a scrivere sui muri altissimi del Lazzaretto Nuovo: a tracciare simboli, profili di navi e cuori trafitti, a scrivere nomi, frasi, brevissime biografie. Lì, alle porte d’acqua della laguna dove tutte le navi che provenivano dagli altri porti del Mediterraneo dovevano fermarsi, sostare per la quarantena, durante le epidemie di peste.

A distanza di cinquecento anni quelle scritte hanno resistito al salmastro e alla calce e continuano a raccontare le loro storie: di lingue e di uomini, di malattie e mercanzie, di porti lontani, di passato.

Quei muri si fanno carta, si fanno libro: “Il Lazzaretto Nuovo di Venezia. Le scritture parietali” di Francesca Malagnini.
Lo presentiamo martedì 28 marzo alla Biblioteca Querini-Stampalia di Venezia.

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